Il Manifesto dell'Umiltà
Marco Ferrini
Desidero condividere con voi un grande insegnamento sull’importanza dell’umiltà. Ce lo donano gli Yoga-sutra di Patanjali Rishi, testo cardine della millenaria tradizione Yoga. Nel sutra XXXI del Vibhuti Pada, il quarto e conclusivo libro degli Yoga-sutra, si legge:
“Allora, [venendo meno] tutti condizionamenti e le impurità, [lo yogi sperimenta] l’infinità della conoscenza e [realizza] che è ben poco quel che egli conosce”.
Ciò significa che solo quando la coscienza si purifica ed evolve, diventa in grado di cogliere l’infinità della conoscenza. Senza un tale processo di purificazione, la rana nel pozzo crede che quello sia il mondo e di aver dunque già conosciuto tutto il conoscibile. Solo quando una persona alza gli occhi al cielo e scorge il firmamento, intuisce sia l’immensità della volta celeste, sia la finitezza della propria comprensione.
L’apice della vera conoscenza risulta dunque coincidente con l’apice dell’umiltà, perché colui che veramente sa, sa di non sapere, rievocando con queste parole la celebre affermazione socratica.
Lo yogi autentico non soffre del complesso di Dio, effetto della superbia e dell’illusione umana, ma è colto da quel sentire religioso in cui, aprendosi alla conoscenza spirituale, realizza che quel che egli conosce è ben poco rispetto all’infinita divina realtà.
Esopo affermava: “Più piccola è la mente, più grande è la presunzione.” L’orgoglio è infatti parente stretto della non consapevolezza, anche perché “è impossibile per un uomo imparare ciò che crede di sapere già” (Epitteto).
Nell’ottavo shloka del tredicesimo capitolo della Bhagavad-gita, Shri Krishna descrive in che cosa consista la conoscenza e, per prima cosa, spiega che essa in primis coincide con l’umiltà.
Non un’umiltà ostentata, di chi si finge umile per compiacere gli altri e attrarre la loro benevolenza, ma un’umiltà vera, profondamente sentita, di chi davvero sa mettersi in discussione, a prescindere dal proprio ruolo e in ogni circostanza della vita, avendo realizzato l’importanza del confronto con gli altri e di un percorso progressivo di purificazione della coscienza, perché non c’è fine all’accrescimento della propria comprensione.
A conclusione di questa riflessione sull’umiltà, desidero citare Shri Caitanya Mahaprabhu che spiega nel suo Shikshathaka: diventa umile come un filo d’erba, tollerante come un albero, sempre pronto a valorizzare gli altri, senza aspettarti nulla in cambio. In questo stato di coscienza, cessando ogni attitudine offensiva, potrai invocare i Nomi divini e stabilirti nella piena consapevolezza spirituale.
Marco Ferrini
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