Equanimità, equilibrio, armonia
Marco Ferrini
Nella Bhagavad-gita leggiamo la descrizione del comportamento auspicabile per vivere i valori dell’equanimità, dell’equilibrio e dell’armonia. Nelle strofe 13-14 del capitolo dodicesimo, la manifestazione divina di Krishna spiega:
“Chi non invidia nessuno ma si comporta con tutti come un amico benevolo, non si considera proprietario di niente ed è libero dal falso ego, è equanime nella gioia e nel dolore, tollerante, sempre soddisfatto, padrone di sé e risoluto, con mente e intelligenza fisse in me, costui mi è molto caro”.
Quello così descritto è un modello di personalità che ci mostra l’interazione indissolubile tra l’agire bene e la piena gratificazione o soddisfazione interiore.
La capacità di relazionarsi in maniera armonica e costruttiva, manifestando fiducia, accoglienza, comprensione e amore, ha infatti benefici effetti non solo sui destinatari di tali comportamenti, ma anche e soprattutto su chi agisce in tal modo.
Per riuscire ad applicare questo insegnamento realizzandolo appieno, occorre superare quel senso di separazione dagli altri causato da una visione frammentata ed egoistica.
Man mano che cresce la consapevolezza del principio di unità nella diversità, si sperimenta la comunione con tutte le creature e quella fratellanza universale di cui tutti i mistici parlano.
Per questo i testi della grandi tradizioni spirituali di tutti i luoghi e tempi esprimono - seppur con linguaggi diversi - la medesima esortazione: “Fate agli altri quello che vorreste fosse fatto a voi”, o in altri termini: “Non fate agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi”.
Quando si raggiunge tale livello di coscienza, dunque di compassione e misericordia, risulta naturale non danneggiare nessuno, anche perché si comprende che facendolo si danneggerebbe simultaneamente se stessi.
Marco Ferrini
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